APPLE deve pagare al Governo irlandese la “modica cifra” di 13 miliardi di euro (oltre a interessi!) quali tasse non versate a causa di un accordo fiscale (tax ruling) siglato dalla “società della mela” con l’Irlanda. Questo è quanto deciso dalla Commissione alla Concorrenza della comunità europea, che ha ritenuto illegittimo detto accordo in quanto considerato aiuto di Stato ad una impresa a spese della libera concorrenza.
La cifra richiesta è astronomica. Sembra però che l’unico a volere che venga pagata sia la Commissione. Chiaramente APPLE non ne vuole sapere. Ma la parte più “divertente” è che nemmeno l’Irlanda si dichiara contenta di ricevere l’ingente somma di denaro! E questo perché potrebbe pregiudicare la presenza di APPLE sul proprio territorio nazionale, con evidenti contraccolpi negativi sul PIL e sulla occupazione lavorativa.
L’Irlanda ha stipulato questo accordo con APPLE proprio per incentivare la presenza di questo colosso sul proprio territorio. E APPLE ha ricambiato il forte sconto fiscale con una presenza massiccia di infrastrutture e personale.
Questo fatto, che probabilmente si trascinerà nelle aule dei tribunali per anni e anni (e forse alla fine nessuno pagherà nulla), non è il primo del genere e porta comunque a porsi delle domande.
L’Irlanda è un Paese che fa parte della nostra Unione Europea, ma non accetta in alcun modo di adempiere a quanto statuito dall’organo di vigilanza comunitario perché di fatto va contro i propri interessi nazionali. Interessi nazionali che purtroppo sono ancora troppo forti e che rallentano il processo di unificazione politica e fiscale. E fino a che questi interessi “personali” non verranno messi in secondo piano, sarà molto difficile parlare di Unione Europea.
Si consideri che all’interno dell’Unione la pressione fiscale è molto variegata. Si passa dall’Italia con un total tax rate del 60% alla Croazia con un total tax rate del 20% passando per un total tax rate dell’Irlanda al 25,9. Come si può ben vedere la forbice è notevole con evidenti implicazioni sulla cosiddetta “concorrenza fiscale”. Ma fino a che parleremo di concorrenza fiscale tra Paesi dell’Unione, a mio avviso non potremo certo parlare di Unione.
Altra questione, poi, riguarda la giustizia fiscale che in qualche modo in Italia è normata dall’art. 53 della Costituzione. APPLE è un colosso e si può permette di siglare un accordo con il Governo per avere un trattamento fiscale di favore. E il povero artigiano, il piccolo commerciante, il lavoratore autonomo che fine fanno? Pagano l’aliquota piena e silenzio … Certo, la grande azienda può portare molti nuovi posti di lavoro, ma il piccolo imprenditore deve potere arrivare a fine mese senza essere costretto a chiudere e diventare dipendente della grande azienda. Con evidenti ripercussioni sul tessuto economico di un Paese. E il giorno in cui la grande azienda troverà un altro Paese che le farà condizioni ancora migliori, abbandonerà il Paese attuale per spostarsi in quello al momento più generoso.
Ricordo poi che uno Stato per potere spendere e fornire servizi e infrastrutture ai cittadini deve disporre di denaro che in larga parte proviene dalle entrate erariali. Se con tutte le grandi aziende venissero fatti accordi con importanti riduzioni d’imposta (quasi azzerandole), alla fine chi pagherebbe le imposte? La risposta è facile e quindi la lascio al lettore …