Mi piace pensare che la nuova figura delle “società benefit” possa rappresentare una interessante opportunità per le imprese italiane. Un’opportunità per le imprese di cambiare le regole del gioco.
Impresa si ma non a tutti i costi, come già ho avuto modo di sottolineare.
La “società benefit”, previste dalla Legge di Stabilità 2016, rappresenta una nuova “veste” che ogni società può indossare: significa affiancare un obiettivo non profit ad un obiettivo profit.
Una maggiore sensibilità verso la società, le persone ai margini, l’ambiente.
Fare impresa con un occhio verso i più deboli, fare impresa in maniera sostenibile.
Mi auguro che questa forma societaria prenda piede e si diffonda sempre più. Per noi, per i nostri figli e per le generazioni che verranno. Perché non solo di performance numeriche si vive.
Una “società benefit” sarà una società “per il mondo” e non solo per i propri soci.
Apprendo da un importante quotidiano italiano che questa “nuova” forma societaria ha già prodotto interessanti risultati negli USA, con le omologhe B-CORP. E’ sufficiente sottolineare che il Dow Jones Susteinability Index (l’indice dei titoli azionari delle B-Corp) ha registrato una performance nettamente superiore a quella del Dow Jons “tradizionale”.
Una “società benefit” dovrà prevedere nel proprio oggetto sociale degli obiettivi “social”, con attenzione a particolari ambiti sociali o ambientali.
Il tutto dovrà essere certificato da un ente terzo. Per maggiore trasparenza e garanzia verso i terzi.
E’ una forma di responsabilizzazione in più per l’organo amministrativo, che dovrà obbligatoriamente direzionare le proprie azioni anche in funzione degli obiettivi “social” previsti dall’oggetto sociale.
Mi viene da pensare che questa forma societaria possa rappresentare una valida opportunità di “riscatto” per quelle imprese che, pur operando in settori “delicati” (intrattenimento, energia, etc.), potranno così aumentare il proprio impatto positivo sul tessuto sociale.